giovedì 10 dicembre 2015

La danza macabra di Scientology - cap. 8

Gli illustri giuristi

Avendo frequentato Scientology, conosco bene le argomentazioni usate per giustificare la celebrazione del processo di Milano. Tra questi argomenti - che ho visto riproposti anche da studiosi di Nuovi Movimenti Religiosi poco preparati - c'è quello degli "illustri giuristi", i quali affermerebbero che l'intera vicenda fu una persecuzione giudiziaria, frutto di un "processo non equo", dietro al quale si nasconderebbe una regia occulta.

Chiedere a seguaci e "studiosi" quali sarebbero questi giuristi (illustri) sarebbe ovviamente fiato sprecato: nomi non ne fanno. Non ci resta, quindi, che vedere sulle riviste giuridiche cos'è stato scritto in merito all'equità di quel processo. Per nostra fortuna, i commenti furono numerosi.

Si tratta di analisi che in effetti contengono delle critiche, spesso severe, ma non sono critiche indirizzate all'istruzione e celebrazione del processo, bensì unicamente alla sentenza della Cassazione del 1995, favorevole (parzialmente) a Scientology.

Una di queste analisi, pubblicata nel 2001 su Il Foro Italiano (pp. 644-658) a firma del giurista M. Formica, intitolata "L'art. 416 c.p. e le confessioni religiose: un commento all'epilogo del 'caso Scientology'", l'abbiamo già incontrata nel capitolo precedente. È una bocciatura dell'enunciato che costituisce la chiave di volta (1) dell'intero ragionamento con cui la Cassazione ha annullato le condanne per associazione a delinquere (gli altri reati sono stati confermati). Questa è la frase della Cassazione:
una volta riconosciuto a Scientology il carattere di confessione religiosa, non sarebbe ipotizzabile una trasformazione di questa in un’associazione per delinquere (Cassazione Penale, sez. II, sentenza n° 5838 del 9.2.1995; citato da P. Sassi, "Quid est vera religio?" in Corriere Giuridico, 1997, II, pag. 1207)
Formica considera questa presunta incompatibilità tra associazione religiosa e associazione per delinquere un paralogismo. La bocciatura non deriva solo dalla sua manifesta fallacia logica, ma da motivi dottrinali che ora vedremo.

Dopo aver evidenziato la:
mancanza di una compiuta descrizione del meccanismo giuridico che conduce alla incompatibilità tra confessione religiosa e associazione per delinquere (pag. 649)
il giurista rileva che:
Quanto alla libertà religiosa, tuttavia, dottrina e giurisprudenza sono solite negarle ogni valenza giustificante. Questa communis opinio viene delusa dalle affermazioni della Cassazione. (pp. 650 - 651)
Dopo di che l'autore rileva un evidente assurdo giuridico in forma di domanda retorica:
Dobbiamo desumere che il sospetto sulla rilevanza penale dei fini e delle direttive che guidano Scientology, con particolare attenzione a partire dal 1981, svanisce perché Scientology è una formazione religiosa e quindi in ogni caso lecita? (pag. 653) (2)
Un'assurdità, continua l'autore, sventata dalla successiva (e definitiva) sentenza d'Appello:
la corte d'appello, pur dovendo seguire i percorsi argomentativi tracciati dalla Cassazione, ai quali è stata costretta «a torto o a ragione, ma comunque in modo processualmente vincolante», abbia nel contempo voluto stemperare la valenza funzionale dell'indagine religiosa, in modo da chiudere la pericolosa breccia aperta alla libertà confessionale dal giudice di legittimità del 1995. (pag. 654)
Secondo il giurista, la Corte Suprema avrebbe addirittura aperto una "pericolosa breccia", perché inventandosi l'incompatibilità tra religione e associazione a delinquere, "il giudice di legittimità non limita affatto [la non punibilità derivante dall'essere una religione] al reato associativo: la libertà religiosa sarebbe capace di decolorare di illiceità non solo l'associazione per delinquere, ma più in generale ogni reato" (pag. 651).

Ma chi è questo Formica che si permette una critica così severa ai giudici di Cassazione? Si tratta di un giurista che non canta fuori dal coro, anzi: è uno dei tanti che - con voce unanime - bocciano quella sentenza. In modo particolare là dove la sentenza afferma, come abbiamo visto in precedenza, che "una volta riconosciuto a Scientology il carattere di confessione religiosa, non sarebbe ipotizzabile una trasformazione di questa in una associazione per delinquere".

Si veda per esempio C. Cardia (3), che alla voce "Religione (libertà di)" dell'Enciclopedia del Diritto (1995, 2° agg., pp. 914-936) rileva come:
si può esprimere perplessità circa il carattere di principio (quindi assoluto) della affermazione della Cassazione, per la quale non si può dare una confessione che sia contemporaneamente una associazione per delinquere. Non sembra, infatti, potersi escludere che un determinato gruppo confessionale (ispirato, ad esempio, ad aberranti concezioni razziste) sorga con precisi intenti criminosi (soppressione di avversari, scopi lucrativi da perseguire per vie illegali ecc.) che si mischiano a finalità religiose senza più potersi distinguere da queste. In questo caso - già verificatosi storicamente - l'organizzazione confessionale viene effettivamente a coincidere con l'associazione a delinquere, e reprimere la seconda vuol dire reprimere anche la prima.
Non si può tacere poi, che l'asserzione secondo la quale il carattere confessionale di una associazione esclude di per sé una sua ulteriore connotazione criminale, potrebbe fungere da incentivo per la strutturazione dell'elemento religioso in funzione di attività criminali che all'ordinamento resterebbe difficile colpire (pag. 933)
Detto in parole povere, a un gruppo basterebbe definirsi "religione" per poter violare impunemente il codice penale. Un obbrobrio giuridico evidente anche a chi giurista non è.

Questa critica alla Cassazione viene espressa da ogni giurista che abbia pubblicato un commento al processo milanese a Scientology. Vediamone qualcuno.

- P. Colella, "La disciplina di Scientology nell’ordinamento italiano", in Giurisprudenza italiana, 2000, III, pp. 2446-2448:
Il fatto che Scientology sia una formazione sociale religiosa non impedisce che gli aderenti alla stessa uti singoli o in forme varie di partecipazione associata, pongano in essere comportamenti obbiettivamente antigiuridici e soggettivamente loro imputabili (pag. 2448)
- M. Ravenna, "Confessioni religiose e associazioni per delinquere", in Indice penale, 1998, pp. 739-779:
In questa sede non è dato approfondire oltre il quesito sulla natura confessionale o meno di Scientology. D'altra parte, a differenza di quanto afferma la Cassazione, la soluzione del problema non pare indispensabile per stabilire se lo stesso movimento sia o possa essere una associazione a delinquere. Si è visto che la libertà di religione, individuale e collettiva, eccedente la parte puramente dogmatica, non è priva di confini. Essa, al contrario, è tutelata e consentita soltanto finché non sia contraria all'ordinamento statuale e, per quanto ora interessa, non concretizzi un illecito penale dato che i comportamenti penalmente sanzionati restano tali anche quando siano dettati dalla volontà di adeguarsi a (sedicenti) principi religiosi. Pertanto è possibile, ai fini della presente indagine, supporre che Scientology sia effettivamente una confessione religiosa e su questo presupposto (indimostrato ma fittiziamente considerato assodato) proseguire le riflessioni. Sarà perciò opportuno modificare la domanda proposta all'inizio di questo paragrafo e chiedersi se possa una chiesa, una confessione religiosa commettere reati e, comunque, se possa essere configurata quale associazione a delinquere. La risposta è sostanzialmente affermativa (pp. 762-3) (4)
In seguito, Ravenna rileva - come da buon senso - che "La giurisprudenza e la dottrina ritengono che l’ottemperanza ai principi religiosi non giustifichi chi con tali finalità realizzi un fatto integrante gli estremi di un illecito penalmente sanzionato." (pag. 764)

- G. D'Angelo, "Ultime vicende giudiziarie della chiesa di Scientology", in Diritto ecclesiastico, 1998, Vol 1, pp. 384-408. Secondo questo giurista, la decisione della Cassazione "non può non sorprendere" (pag. 391) e presta "il fianco ad alcune considerazioni critiche." (ibid.). Prima fra tutte, l'imporre al giudice di rinvio di stabilire se Scientology sia o meno una religione (al fine di condannare o meno gli imputati per associazione a delinquere).

Con questa richiesta, già definita "poco laica" da Formica (in "L'art. 416 c.p. e le confessioni religiose", op. cit., pag. 648), secondo D'Angelo la Cassazione esige "una valutazione che dovrebbe ritenersi preclusa (e non solo agli organi giurisdizionali)" (pag. 391), per il principio fondamentale della laicità dello Stato.

Si noti che questo dovere di "non intromissione" è il principio invocato proprio da quella sentenza che la Cassazione ha parzialmente annullato (5). Inoltre, continua sempre D'Angelo, "la circostanza per cui una certa dottrina sia sentita come religiosa, […] non impedisce all'ordinamento di guardare a quell'attività secondo una diversa prospettiva, valutandone, ad esempio, la rilevanza penale od il suo rilievo quale attività economica." (pag. 394). Un principio evidente a tutti.

Più avanti, dopo cinque pagine in cui l'autore critica l'utilizzo per questo specifico caso dei tre parametri indicati dalla Corte Costituzionale per determinare se un gruppo sia o meno una religione1 (6), D'Angelo evidenzia come:
la Corte ha finito con il riconoscere, indirettamente, al fattore religioso di per sé considerato, efficacia scriminante rispetto alla violazione della legge penale generale. (pag. 399)
Il giudizio non poteva essere più severo.

- R. Blaiotta, "Scientology: una religione al cospetto della legge", in Cassazione Penale, 1996, pp. 2528-2535. Al pari di D'Angelo, anche per questo giurista la pronuncia della Cassazione "appare sorprendente" (pag. 2530). Questo perché:
L’argomento, che pone assai efficacemente con intuitiva evidenza tutte le delicate implicazioni del caso di cui si discute, non trova una risposta convincente nel richiamo al diritto di libertà religiosa cui sembra si dia un’estensione eccessiva con pericolosi riflessi proprio sull’impianto dello strumento penale. (ibid.)
Pericolosi riflessi sull'impianto dello strumento penale. Al pari di Formica ("la pericolosa breccia") o di D'Angelo ("efficacia scriminante rispetto alla violazione della legge penale") anche per Blaiotta la sentenza della Cassazione appare balorda. L'autore si esprima in termini più misurati, ma il significato è lo stesso:
Pare dunque – sommessamente – che la Corte non abbia colto tutte le interazioni tra libertà religiosa e laicità dello Stato, e sia così pervenuta alla assiomatica enunciazione di una radicale inconciliabilità tra reato associativo e istituzione religiosa che presenta anche un velo di oscurità giacché non vengono neppure enunciate le ragioni per le quali l’ispirazione religiosa abbai rilievo scriminante nell’ambito di tale reato (pag. 2532)
(Nel resto dell'articolo vengono formulate altre interessanti critiche; a mo' di esempio pubblico il paragrafo 5.)

- G. Dodaro, "Interpretazione laica del delitto di associazione per delinquere. Riflessioni a margine del caso Scientology", in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2001, III, pp. 837-862 (di cui raccomando la lettura). All'inconciliabilità tra associazione religiosa e associazione a delinquere, questo giurista dedica tutto il suo articolo. Eccone una frase emblematica:
Le argomentazioni addotte dalla Suprema Corte appaiono, però, ad una attenta valutazione non solo inconferenti rispetto alla questione esaminata, ma anche non compatibili con una interpretazione dell'art. 416 c.p. coerente al principio di laicità. (pp. 843 - 844)
Successivamente la bocciatura del giurista diviene definitiva:
non si può non rilevare che la Corte di Cassazione ha dimostrato di fare cattivo uso dei criteri probatori da essa stessa indicati; si leggano al riguardo le considerazioni della Corte d’Appello di Milano [sentenza del 5 ottobre 2000] (pag. 847)
- G. Casuscelli, "Ancora sulla nozione di confessione religiosa: il caso Scientology", in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1998, III, pp. 809-835. Constatando che la Cassazione amplia i limiti della libertà religiosa fino a rendere inapplicabile l'imputazione di associazione a delinquere, Casuscelli commenta:
Mettendo da parte ogni doverosa considerazione critica sull'opinabilità e sull'indiscriminata ampiezza di tali limiti, la Corte suprema concretizzava un cambiamento di prospettiva che al contempo ha dato luogo ad un errore metodologico e ad una contraddizione.
[...] così inopinatamente la Corte concludeva (contraddicendosi) nel senso ... (pag. 814-5).
Non essendo possibile riportare tutte le critiche alla sentenza in esame, daremo ora uno sguardo alle valutazioni di quello che appare come il giurista più autorevole tra quanti si sono interessati al caso: Nicola Colaianni (curriculum). Al processo a Scientology Colaianni ha dedicato due pubblicazioni:
  • "Caso Scientology: Associazione religiosa o criminale?", in Il Foro Italiano, II, 1995, pp. 693-698; 
  • "La via giudiziaria alla religiosità: la vicenda di Scientology", in Il Foro Italiano, 1998, II, pp. 396-401.
Che anche Colaianni sia critico verso la Cassazione lo si intravede già dai titoli. Nel secondo articolo, al pari dei suoi colleghi evidenzia come la rilevanza processuale del carattere religioso dell'organizzazione era stata "saggiamente e laicamente esclusa dal giudice d'appello" (pag. 396).

Si noti che prima ancora della Corte d'Appello, a questa irrilevanza della natura religiosa sia era già attenuto il Tribunale, e prima ancora la sentenza di rinvio a giudizio, la quale accoglieva l'impostazione del Pubblico Ministero formulata nella richiesta di rinvio a giudizio.

Colaianni giudica corretta questa irrilevanza non in base a una mera opinione personale. Già nel suo primo articolo infatti ("Caso Scientology"), l'autore aveva ricordato come:
Tale orientamento corrisponde ad una concezione del diritto penale improntato al principio di laicità (ormai dichiarato "supremo" da Corte Costituzionale 203/89, [...] La religione come tale non può avere né efficacia scriminante né «qualità di bene giuridico in un ordinamento secolarizzato» (pag. 696)
In quello stesso articolo, anche Colaianni considera l'incompatibilità tra religione e associazione a delinquere un paralogismo:
L'applicazione del principio di non contraddizione a categorie eterogenee non è perspicua, ben potendo darsi un'associazione religiosa che con la sua condotta [...] trasmodi nell'illecito penale. Ma la Cassazione tira dritto per la linea soggettivistica che con un'illazione per vero immotivata, ritiene ... (pag. 697)
In seguito, la critica di Colaianni diviene quasi irridente:
i termini di paragone addotti dalla Cassazione non sempre sono convincenti e talvolta appaiono anzi improbabili: così dire che anche «san Tommaso definì scienza la teologia» sembra confondere fede, o credenza, e teologia, che in quanto riflessione sui contenuti di fede si svolge come una disciplina scientifica, e tradisce l'affidamento a vecchi paradigmi non solo della teologia ma anche della scienza, messi in crisi e ormai abbandonati; analogamente, paragonare, per svalutarne l'efficacia indiziante, le metodiche di vendita di Scientology, definite dalla corte «sconcertanti per la loro intrinseca aggressività», a quelle di raccolta dei fondi «in passato adoperate dalla chiesa», citando addirittura l'episodio di Anania e Saffira narrato negli Atti degli Apostoli (7), è frutto di una comparazione sorprendentemente anacronistica e di una superficiale esegesi letteraria e storica, che considera realmente avvenuto un prodotto dell'immaginazione popolare narrato, come stabilito già nel quarto secolo da Gerolamo, a scopo edificante ("La via giudiziaria alla religiosità", op. cit., pag. 398)
Ciò che sorprenderà maggiormente, è che tra quanti smentiscono la Cassazione, sostenendo che non c'è incompatibilità tra associazione religiosa e associazione a delinquere, troviamo proprio la Corte di Cassazione. Nella sentenza del 1° marzo 1996, riguardante una vicenda che vede coinvolto un istituto islamico, la Corte (sez. VI) rileva che "non sussiste alcuna incompatibilità tra la natura religiosa di un'associazione e una incriminazione ai sensi dell'art. 416 c.p." (cfr. Dodaro, op. cit., pag. 845). E prima ancora, sempre la Cassazione (sez. I) nella sentenza del 3 ottobre 1989, aveva ammesso che "una organizzazione nata con finalità lecite possa costituire una associazione a delinquere, nel caso in cui la struttura preesistente venga 'piegata' a fini criminali." (ibid., pag. 847). Infine, ancora la Cassazione (sez. III) nella sentenza del 16 dicembre 1999:
Peraltro, è stato fondatamente osservato dalla dottrina che il riconoscimento della natura religiosa (di per sé molto problematico in un ordinamento come quello italiano, che laicamente, si astiene dal definirla) non è dirimente ai fini penali, potendo ricorrere il caso che nell'ambito di un’associazione religiosa alcuni membri commettano reati o addirittura si associno per delinquere (è noto il caso, ormai risalente, dei frati di Mazzarino).
Questa incomprensibile (e antigiuridica) difesa ad oltranza di Scientology da parte della Cassazione, per Colaianni non è senza conseguenze. Ripercussioni che vanno al di là del caso in esame:
Ma la corte ha finito per aprire problemi pure sul versante del diritto penale, laddove non si dubita che le libertà, anche costituzionalmente garantite come quella religiosa, non possono offendere beni, interessi o valori, altrettanto "costituzionalmente significativi" ("Caso Scientology", pag. 698)
"Beni, interessi o valori" che non sono diritti meno fondamentali della libertà di religione: diritto alla vita, all'incolumità fisica, alla salute, alla integrità del proprio patrimonio, al decoro e all'onore, ecc. Con il pronunciamento della Cassazione, questi diritti non troverebbero più una tutela giuridica venendo sacrificati sull'altare della libertà religiosa.

Abbiamo visto le critiche rivolte all'argomento centrale della sentenza di Cassazione, ma le censure non si esauriscono con la bocciatura dell'ipotizzata incompatibilità tra associazione religiosa e associazione a delinquere. Un'incompatibilità che, è bene ricordarlo, ha mandato assolti una trentina di imputati (tra cui i vertici italiani di Scientology), per dei reati "odiosi" che la Cassazione stessa ha ritenuto consumati (8).

Per completezza riporto un brano dell'articolo di Dodaro, "Interpretazione laica del delitto di associazione per delinquere" (op. cit.), dove l'autore avanza un'ipotesi su cosa abbia indotto la Corte di Cassazione a scrivere ciò che, a buon diritto, può definirsi uno strafalcione:
per la Cassazione la libertà religiosa godrebbe a livello costituzionale di una tutela privilegiata rispetto alle altre forme della libertà di coscienza.
Si osserva unicamente, con l'ausilio di autorevole dottrina, che la posizione assunta dalla Corte di Cassazione in merito alla rilevanza della 'religiosità' di Scientology è il frutto di una generalizzazione e di una radicalizzazione di talune argomentazioni sviluppate dalla Corte Costituzionale nella sentenza 195 del 1993, nella quale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Suprema Corte, la Consulta non ha inteso né riconoscere un incondizionato rilievo all'accertamento della natura del gruppo interessato ai fini di qualsiasi decisione giudiziaria, né prospettare parametri per una definizione tout court di confessione religiosa, ma soltanto per il ristretto e specifico ambito della disciplina tributaria.
(9) (pag. 846)
Questo brano ci introduce ai rilievi che i giuristi hanno mosso a un'altra parte del pronunciamento della Cassazione: l'interpretazione e l'utilizzo dei tre parametri con cui determinare se Scientology sia o meno una religione (il riconoscimento pubblico, lo statuto e la comune considerazione). Anche qui le critiche sono numerose e concordanti, e le vedremo nel prossimo capitolo.


Note:

1) "L'accertamento della religiosità per la Corte di cassazione è in concreto rilevante per il reato di cui all'art. 416 c.p.: è soprattutto questo il fondamento della pronuncia di annullamento con rinvio." ("L'art. 416 c.p. e le confessioni religiose", op. cit., pag. 652)

2) Fallacie logiche a parte, casi di associazioni religiose ritenute colpevoli di associazione a delinquere si sono già avute. Il caso più noto fu quello del convento dei frati cappuccini di Mazzarino accusati di associazione a delinquere finalizzata a scopi estorsivi, reati commessi nella loro qualità di membri di un ordine religioso cattolico.

3) Ordinario di Diritto, consulente del Governo e membro di varie Commissioni parlamentari. Il suo curriculum.

4) In merito all'incompatibilità riscontrata dalla Cassazione tra associazione religiosa e il reato di associazione a delinquere, Ravenna rileva un'ulteriore illogicità. Riguarda l’affermazione: "una volta riconosciuto a Scientology il carattere di confessione religiosa, non sarebbe ipotizzabile una trasformazione di questa in un’associazione per delinquere". Si tratta di un’affermazione che secondo l'autore "è, paradossalmente, restrittiva del concetto di confessione religiosa; difatti, parrebbe individuare, tra i requisiti necessari affinché una confessione possa definirsi tale, anche quello della liceità. In realtà una chiesa che, per esempio, fosse da considerarsi illegale a cagione dei riti praticati, del tutto contrari alla legge italiana, certamente non troverebbe tutela nel nostro ordinamento e, anzi, sarebbe da questo bandita, ma non per questo perderebbe la sua valenza religiosa [...] Se lo Stato laico, come detto, si astiene da qualsiasi giudizio e intervento in materia di dogmi e di fede, non si vede come la "liceità", che implica il riferimento a parametri rinvenibili in norme giuridiche statali, possa in qualsivoglia modo incidere sulla qualità religiosa o meno di una formazione sociale." (Ravenna, op. cit., pag. 769)

5) "Con queste premesse si vuole soltanto spiegare che, nell'esaminare la condotta degli aderenti di Scientology, per stabilire se essa sia o meno riconducibile ad un'associazione criminosa, non ha alcun rilievo né interesse stabilire l'esatta natura delle idee professate da quell'associazione, siano esse filosofiche, religiose, o meramente culturali, ovvero non abbiano alcuno di questi requisiti. È, infatti, del tutto indifferente per il nostro ordinamento giuridico che le dottrine esposte sin dagli anni '50 da Ron Hubbard possano qualificarsi o meno come una religione (così come hanno ritenuto i giudici della Corte di appello di Trento, con la sentenza in data 27 marzo 1990, Foro it., Rep, 1992, voce Ordine pubblico (reati), n. 12, prodotta dalla difesa), dal momento che dette dottrine ricevono in ogni caso, come qualsiasi altra manifestazione del pensiero, tutela dal nostro ordinamento. Si ribadisce, perciò, che l'unica questione sottoposta al vaglio della corte e che dovrà essere qui decisa riguarda i metodi attuati dai seguaci di Ron Hubbard in Italia per propagandarne le idee e far proseliti." (Corte Appello Milano, sez. III pen., 5 nov. 1993, in Diritto ecclesiastico, 1994, Vol II, pag. 359)

6) Il riconoscimento pubblico, lo statuto e la comune considerazione.

7) Per la vicenda di Anania e Saffica vedi: Atti degli apostoli, 5, 1-11,

8) Con l'esclusione del 416 c.p., la Cassazione ha confermato tutti i restanti reati (truffa, circonvenzione d'incapace, estorsione, maltrattamenti, abbandono d'incapace, violenza privata, abuso della professione medica). La Cassazione si è inoltre mostrata d'accordo con la sentenza d'Appello 5 novembre 1993 là dove afferma che:
Se è vero dunque che il nostro ordinamento laico e di cultura occidentale consente perfettamente ad una associazione, denominata Scientology, di professare una religione e contemporaneamente di acquisire nuovi adepti, facendo loro fare, a pagamento, corsi e sedute per poter essere partecipi di quel credo, è però altrettanto vero che il nostro ordinamento, con quelle caratteristiche di cui si è detto, non autorizza quella medesima associazione a carpire la buona fede di soggetti incapaci, di esercitare violenza o minaccia nei confronti di chiunque e, infine, di trarre in inganno indiscriminatamente persone, al fine di ottenere da costoro rilevanti esborsi di denaro, che altrimenti non avrebbe conseguito.
Sorprende constatare che innanzi a una pluralità di violenze, minacce e truffe, compiute in luoghi e tempi diversi, e con modalità sempre identiche, la Cassazione non abbia riconosciuto il reato di associazione a delinquere, unicamente per il fatto che i colpevoli appartenevano a una associazione religiosa.

9) Lo "specifico ambito della disciplina tributaria" di cui parla l'autore è qui interessante: con sentenza n° 15735 del 16 dicembre 1999, la Corte di Cassazione (sez. III) accetta l'autoqulifica di religione di Scientology senza valutarne il merito (perché in uno Stato laico "l'ordinamento giuridico si inibisce laicamente ogni penetrante valutazione di merito"); contemporaneamente però, "si riserva di accertare se all'ombra dell'intangibile libertà religiosa prosperi di fatto un'attività lucrativa fiscalmente apprezzabile." In base a questo principio di non ingerenza in questioni teologiche ampiamente accettato in dottrina ("lo Stato non è competente a farsi teologo", P. Colella in "La disciplina di Scientology", op. cit., pag. 2447), la Corte ha stabilito che lo status di confessione religiosa non dà diritto a Scientology di godere delle agevolazioni fiscali riconosciute alle associazioni religiose perché:
sono da considerarsi attività commerciali soggette all'imposta quelle prestazioni di servizi che, pur conformi alle finalità istituzionali dell'ente sono rese attraverso una specifica organizzazione e contro corrispettivi che eccedono il costo del servizio ovverosia producono reddito. [...] Se ne deve concludere che, pur ammettendo il carattere religioso della chiesa di Scientology e di quelle sue articolazioni terapeutiche che sono i centri Narconon, [...] a fronte di corrispettivi più che remunerativi rispetto ai costi, quei centri devono soggiacere ai fini tributari