sabato 21 febbraio 2015

La danza macabra di Scientology - cap. 5

Nei post precedenti ci siamo soffermati sull'organizzazione di Scientology in generale, mentre ora daremo uno sguardo a uno dei suoi gruppi di facciata, il Narconon, ossia quei "luoghi ideati per garantire a chi ne usufruisce la pace mentale", dove "ragazzi intenti a sfogliare i libri" assaporano la "serenità che emana" il circostante "paesaggio tranquillo e irreale", ingentilito dal lieto "cinguettio degli uccelli".

Non sono posseduto dallo spirito crepuscolare di Guido Gozzano, mi sto attenendo alla zuccherosa prosa con cui Camillo Maffia esalta i centri Narconon nel suo apologetico articolo:
Guardiamo il paesaggio tranquillo e irreale e la serenità che emana, camminando per l’ex albergo rivalutato dall’associazione Narconon e soffermandoci nella grande sala adibita a biblioteca, dove i degenti si concentrano sui programmi di studio nel morbido silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli. Sembra impossibile che trent’anni fa luoghi ideati per garantire a chi ne usufruisce la pace mentale per affrontare le orribili prove dell’astinenza da eroina furono turbati dall’improvvisa irruzione delle forze dell’ordine, e che i ragazzi intenti a sfogliare (sic) i libri si ritrovarono a ...
C'è perfino l'elogio per aver "rivalutato" un ex albergo. Deve quindi trattarsi di un'azione lodevole, come se un ex albergo fosse un ex delinquente ora redento. La sostanza però, è che con insopprimibile sdegno Maffia denuncia che "trent'anni fa" questi paradisiaci "luoghi ideati ecc." soffrirono il sacrilegio di venire "turbati dall’improvvisa irruzione delle forze dell’ordine". Una abominio che a Maffia sembra addirittura "impossibile".

Vediamo quindi se anche a noi profani "sembra impossibile" che nel 1986 quei santi luoghi siano stati "turbati" dalle forze dell'ordine.

I centri del Narconon allora esistenti erano quelli di:
  1. Castelmadama (Roma)
  2. Scarlino Scalo (Grosseto)
  3. Castelnuovo Bormida (Alessandria)
  4. Pallare (Savona)
  5. Ronago (Como)
  6. Prazzo (Cuneo)
  7. Villafranca d’Asti (Asti)
  8. Conco (Vicenza)
  9. Ghirano di Prata (Pordenone)
  10. Raviscanina (Caserta)
Fatte le presentazioni cedo la parola a un testimone che Maffia non può di sicuro considerare ostile a Scientology. Si tratta dell'avvocato G. Leali, che di Scientology all'epoca era consulente e successivamente uno dei suoi difensori di fiducia nel maxiprocesso, il quale era stato incaricato dalla dirigenza del Narconon di "esaminare se dal punto igienico sanitario ed urbanistico [i centri Narconon] abbisognavano di interventi per metterli in regola con le attuali disposizioni di legge" (appello, pag. 120).

Nella relazione svolta dall'avvocato Leali, si legge che al Narconon di Castelmadama:
il sovraffollamento è evidente: dormono in 80 mq. circa 29 persone. Hanno solo tre servizi igienici incompleti e tenuti male, nonché insufficienti al numero dei presenti. Cucina e refettorio sono piccoli e igienicamente tenuti malissimo. Il disordine e il senso dello sporco si avvertono immediatamente. La sauna è posta in un vano rustico senza porte e senza pavimentazione, quindi non riscaldato e antigienico. (appello, pag. 120)

Non è la descrizione di un luogo che emana "serenità", però si tratta di uno dei 10 Narconon e potrebbe non fare testo. Vediamo quindi la situazione del secondo Narconon, quello di Scarlino Scalo a Grosseto, sempre nella descrizione dell'avvocato G. Leali:
la situazione igienica è assai carente: in particolare la cucina è indecente e piccolissima ed il refettorio piccolo e tenuto male. I servizi igienici esistenti (4 sono pochi e peraltro non completi di bidet e doccia) sono tenuti male e insufficienti alle 65 persone presenti. Le stanze da letto per 100 mq. circa ospitano 65 persone. Il sovraffollamento è evidente, l’igiene carente, il disordine assoluto. La destinazione dell’immobile è per uso rurale [...] l’impianto elettrico è con fili volanti e con prese non idonee; il tutto rappresenta un pericolo per la sicurezza degli ospiti come degli staff. (ibid.)

Quanto al Narconon di Castelnuovo Bormida, così continua l'avv. Leali:
lo spazio utilizzato è enorme, ma le camere da letto ospitano in letti a castello persone in sovrannumero rispetto all’area dei vani utilizzati. I servizi igienici sono pochi rispetto alla presenze, soprattutto distribuiti in modo non opportuno in particolare lontani dalle zone letto. La situazione dal punto di vista igienico sanitario appare carente a prima vista, soprattutto in considerazione del disordine nelle zone letto e della sporcizia e del disordine evidente in cucina, nel refettorio e nei locali adibiti a servizi igienici. (ibid.)

Non starò a farla tanto lunga, anche perché il post di novembre riportava già alcune relazioni dei NAS, che constatavano lo stato di abbrutimento a cui erano ridotti - tanto per fare un esempio - i 33 presenti nel centro di Pallare:
tutte le persone erano generalmente malvestite ed assai poco curate nella loro igiene personale tanto da rendere disagevole ed imbarazzante l’esecuzione delle perquisizioni personali nei loro confronti [...] in tutti i locali vigeva il massimo disordine e vi erano profonde carenze igienico sanitarie. Infatti in ogni locale venivano constatate evidenti tracce di sporcizie accentuate dalla presenza di numerosi cani e gatti che circolavano indisturbati al loro interno lasciando anche i loro escrementi sui pavimenti. In cucina oltre allo sterco degli animali domestici si notavano pentole, piatti posate ed utensili con evidenti tracce di unto e gli stessi erano sparsi disordinatamente in tutto il locale [...]
La relazione prosegue con le descrizioni del dormitorio e dell'unico bagno che vi risparmio perché non vorrei rovinare il pranzo a qualcuno, ma a chi piace lo splatter può leggerle a pagina 683 del rinvio a giudizio. Inoltre ci risparmiamo anche le descrizioni delle 6 restanti strutture allora esistenti, perché riportano lo stesso stato di degrado.

Ai suoi lettori - che non possono sapere di questo degrado - Maffia ha descritto l'intervento del potere giudiziario come una profanazione di luoghi idilliaci su cui lanciare il trentennale anatema. Se non siete d’accordo, sappiate che Maffia ha svolto un "lungo lavoro di indagine sulla libertà e i diritti", per cui lui sa quel che dice perché è un esperto, mentre voi siete degli incompetenti (e il sottoscritto un fetente a cui dare una testata in faccia).

Lasciamo ora i singoli centri e passiamo al Narconon come istituzione, che Maffia presenta come un buon samaritano, amorevolmente impegnato a soccorre dei ragazzi bisognosi. Ancora una volta farò parlare una fonte che Maffia non può scartare come squalificata, perché è proprio quella da lui chiamata come testimone del suo j'accuse: la sentenza del maxiprocesso di Milano.

Più correttamente dobbiamo parlare di sentenze, al plurale, perché le condanne emesse dalla Corte d'Appello nel 1993, furono rese tutte definitive dalla Cassazione nel '95 con la sola eccezione di quella relativa all'associazione per delinquere, che venne annullata con rinvio. Cosicché le tre successive pronunce (Appello nel 1996, Cassazione nel 1997 e nuovamente Appello nel 2000), si occuparono esclusivamente del reato associativo, mentre per quello che riguarda tutti gli altri 33 capi di imputazione - e quindi la questione Narconon - la sentenza di riferimento è appunto quella del 1993 (resa definitiva dalla Cassazione nel 1995).

Vediamo quindi il giudizio espresso dal processo su questa caritatevole comunità, dedita a "prendersi cura di soggetti fragili". A pagina 119 della sentenza apprendiamo che, per la dirigenza del Narconon:
che la sistemazione dei giovani in quei centri fosse la peggiore possibile, tanto da rendere le loro condizioni di vita così degradanti da provocare spesso la loro immediata fuga (il cibo era scarso e di cattiva qualità, il riscaldamento precario, lo spazio per dormire ridotto, dovendosi affollare in diverse persone in piccole stanzette con giacigli per terra, i servizi igienici del tutto insufficienti, il più delle volte uno solo per una trentina di ospiti, la pulizia era poi del tutto inesistente, senza parlare della quasi totale mancanza di stoviglie, tanto che i giovani si dovevano dividere lo stesso piatto o le medesime posate, con problemi igienici non di poco conto nel caso di tossicodipendenti); lo hanno concordemente ...

Il motivo di tanta indifferenza per le condizioni in cui venivano costretti a vivere (a prezzi esorbitanti) "i ragazzi intenti a sfogliare i libri" ospitati nel "morbido silenzio rotto solo dal cinguettio degli uccelli", il maxiprocesso tanto caro a Maffia lo spiega in un apposito capitolo:
Scopi dei Narconon

Da tutti questi dati sin qui raccolti, si può ritenere che l’impressione avuta da *** (“l’unica preoccupazione di quella gente erano i soldi”) corrispondesse alla realtà (conformemente a quanto avveniva per l’istituto di Dianetica [1]), apparendo, invece, il recupero effettivo dei tossicodipendenti come un problema del tutto marginale e di secondo piano, conclusione questa che trova riscontro in un rilievo esposto dal V** [addetto alla contabilità - ndr] al dibattimento.
Egli ha, infatti, spiegato che “si facevano le statistiche di successo dopo una settimana dall’uscita del giovane dai centri e non dopo sei mesi/un anno come si dovrebbe”, dato che soltanto in quest’ultimo modo si può verificare se il tossicodipendente è veramente uscito dalla droga o se vi è nel frattempo ricaduto. Anche questo metodo di valutare i successi dimostra pertanto inequivocabilmente l’irrilevanza per i responsabili che il giovane si fosse effettivamente disintossicato, dal momento che una statistica così fasulla poteva evidentemente soltanto servire per reclutare nuove persone, che pagassero.
(appello, pag. 127)

I "bisogni e le necessità" - ha sancito il maxiprocesso - "erano assolutamente irrilevanti, posto che l’unico interesse per l’istituto di Dianetica risiedeva nell’acquisizione del denaro" (ibid., pag. 89).

Stiamo parlando di una bramosia di denaro così prepotente, che a fronte di "donazioni" (obbligatorie) di 1.500.000 lire mensili nel 1986, salite poi a 2 milioni nel 1988, gli ospiti dovevano dotarsi di materassi, lenzuola e coperte perché non venivano forniti neppure quelli. Vi erano perfino dei genitori che nei fine settimana portavano cibo per sopperire all'insufficiente quantità (e qualità). Le testimonianze acquisite in tal senso in dibattimento sono numerose; qui ne riporto una per tutte:
mi telefonò mia figlia dicendomi di essere scappata rocambolescamente dal centro e pregandomi di non pagare neppure una lira perché in quel posto non vi era nulla di serio. Tutto era sporco e le stanze erano camerate con anche cinquanta letti con finestroni privi di vetri e bestie dappertutto (rinvio a giudizio, pag. 700)
Il degrado era tale per cui nel centro di Castelmadama vi erano "solo 6 bicchieri, poche posate ed un solo coltello per tutte le persone (40 ragazzi circa)" (ibid., pag. 426).

Stante questa situazione di squallore, il legale incaricato di redigere la relazione inviò un'ulteriore lettera in cui ammoniva che comunque "non si può giustificare l’inadempienza per mancanza di fondi anche perché, da una superficiale lettura dei Vostri bilanci, una simile affermazione non trova fondamento" (appello, pag. 121).

La conclusione a cui giunge il maxiprocesso è scontata:
evidentemente la volontà di non spendere soldi in qualcosa che nella loro visione appariva come irrilevante, riguardando solo le condizioni di vita dei tossicodipendenti e dei membri dello staff, anch’essi già tossicodipendenti e sottopagati per il loro lavoro, deve essere stata più forte dei ‘suggerimenti’ dati dal loro legale (appello, pag. 121)

Ora io non so quanti valuterebbero quella "improvvisa irruzione delle forze dell’ordine" nei Narconon, come l'ignominiosa persecuzione di un regime prepotente ai danni di un'associazione meritoria. Eppure il paladino della libertà e dei diritti Camillo Maffia, divenuto tale dopo che su questi temi ha svolto un "lungo lavoro di indagine", ce la presenta in questi termini, con l'intervento dell'autorità giudiziaria scaturito non a seguito delle numerose denunce e delle relazioni dei NAS, ma a causa di un complotto, la cui esistenza sarebbe dimostrata dalla "accanita corrispondenza del pregiudicato Ennio Malatesta con il giudice Mulliri e l’on. Luciano Violante". Sembra il fantastico mondo pieno di congiure di Aldo Verdecchia (vedi La setta che adescò un neonato).

In merito alle "numerose denunce" a cui ho accennato poco sopra, si consideri che in un appunto sequestrato durante una perquisizione nel 1981, ossia dopo appena 3 anni dalla costituzione in Italia del primo centro scientologico al tempo denominato Hubbard Dianetics Institute (quando i Narconon ancora non esistevano), si legge: "Abbiamo scoperto fin qui un totale di 52 denunce contro HDI" (rinvio a giudizio, pag. 399). L'inchiesta che porterà al maxiprocesso nascerà solo cinque anni dopo, nel 1986, per cui è ipotizzabile che nel frattempo il numero di denunce sia notevolmente accresciuto.

Una curiosità: l'evocare un complotto, fa ritenere a chi lo propone di essere esentato dal dover presentare un qualche riscontro a sostegno delle proprie accuse. Il prospettare un (indimostrato) intrigo segreto, per il complottista è la dimostrazione che il complotto esiste.

Contento lui, contenti tutti, ma le lodi sperticate di Maffia al Narconon contrastano aspramente con il buon senso e con la correttezza deontologica, e chi fa informazione ha l'obbligo di non propinarci fandonie. O almeno avrebbe l'obbligo.

Ma torniamo ai fatti concreti, perché a smentire la fandonia di un Narconon benefattore osteggiato dal perfido complotto, non sono solo le indecenti condizioni igienico sanitarie che abbiamo visto. Di cosa si tratta, come sempre ce lo spiega quella sentenza definita dalla Cassazione "pregevole frutto di un lodevole sforzo", e incautamente impugnata (ma non letta, o almeno si spera) da Maffia, come un martello contro le streghe che criticano Scientology:
Per diventare operatore nei centri Narconon non era invece richiesto un simile requisito, essendo sufficiente che l’aspirante fosse stato ospitato lì per la sua tossicodipendenza per un certo periodo
[...]
un compito così importante, quale la cura di tossicodipendenti, era affidato a persone palesemente inadatte, perché non ancora recuperate completamente dalla droga; in ogni caso gli addestratori non si peritavano di accertare che costoro si fossero disintossicati sotto tutti i profili prima di attribuire loro un ruolo così delicato: è significativo al riguardo il caso di un certo ***, che era stato nominato operatore al centro di Castelmadama, dopo appena un mese che era entrato nel centro (e che evidentemente non aveva ancora avuto né tempo, né modo di disintossicarsi). (pag. 122)
Cosa comporti un così spericolato ricorso a personale tanto inadeguato lo si sarà già intuito:
Il risultato era che la maggior parte di operatori così scelti [...] non era in grado di effettuare alcun serio controllo sugli ospiti, tanto è vero che in molti hanno riferito che ci si continuava tranquillamente a ‘bucare’ anche nei centri, non venendo in alcun modo impedito ai giovani di uscire per procurarsi la droga; di più: anche gli stessi operatori riprendevano ineluttabilmente ad assumere sostanze stupefacenti.
[...]
Lo stesso imputato D**, pur cercando di minimizzare gli accaduti, ha dovuto ammettere di essersi ‘bucato’ anche quando svolgeva attività di operatore, come hanno riconosciuto anche altri imputati. (pag. 122)

Con addetti tanto incapaci, la conseguenza che ne deriva non era tanto il clamore di episodi come la "rapina commessa da alcuni operatori ed ospiti del centro [di Scarlino Scalo] di Grosseto" (rinvio, pag. 678), quanto piuttosto la normalità di "uscire per procurarsi la droga".

Il fatto che "molti ospiti della comunità usavano iniettarsi o fumare sostanze stupefacenti" (rinvio, pag. 683) è un dato acquisito in dibattimento. Vi sono numerose testimonianze in merito, del tutto simili tra loro, per cui basterà vederne una:
molti ragazzi dello ‘staff’ esattamente come me continuavano a bucarsi [..] Sia io che il mio ragazzo - (G** che conferma) mentre avevamo ruoli di responsabilità all'interno del Narconon finivamo spesso per assumere sostanza stupefacente. [...] durante la mia permanenza - tra il 1982 ed il gennaio 1986 - ho visto che non solo io ed altri componenti dello ‘staff’ di Osnago (2) e Villanova ci bucavamo, ma anche altri responsabili di altri Narconon presso i quali mi ero recata per verificare i bilanci. (rinvio, pag. 701)
Benché siano tante, si tratta comunque di testimonianze. Poiché la prova documentale prevale su quella orale, vediamo anche queste. Si tratta dei cosiddetti "overt e withold", sorta di confessione dei peccati, consistente in una dichiarazione scritta conservata nel fascicolo personale di ogni staff e degente. Fascicoli che furono sequestrati durante alcune perquisizioni nel 1987. Ecco cosa emerge da quelle confessioni:
  • Castelnuovo Bormida: 93 persone presenti, 39 casi di uso di stupefacenti anche da parte di staff (rinvio, pag. 693).
  • Prazzo: presenti solo 5 operatori, riscontrati 15 casi di uso o spaccio di stupefacenti.
  • Scarlino Scalo di Grosseto (quello della rapina): 72 casi di uso di stupefacenti anche da parte di operatori.



A questo punto la situazione è delineata chiaramente: all'epoca della "improvvisa irruzione" che per Maffia fu talmente proditoria da sembrare "impossibile" e frutto di volontà persecutoria, quei luoghi incantevoli allietati "dal cinguettio degli uccelli" erano dei lerci tuguri, dove i ragazzi ospitati per la disintossicazione si abbruttivano per le condizioni degradanti, spesso continuavano a bucarsi, non di rado insieme agli stessi operatori (alcuni dei quali spacciavano) e sottoalimentati per risparmiare sulle spese di gestione. Il tutto a prezzi esorbitanti, dato che l'unico interesse per l'organizzazione "risiedeva nell’acquisizione del denaro", mentre la cura dei degenti e le loro necessità "erano assolutamente irrilevanti". E l'esperto di diritti Camillo Maffia è indignato perché non viene riconosciuto "ai Narconon quantomeno la dignità di posti in cui, evidentemente, si cerca di prendersi cura di soggetti fragili". Ed ha pure il coraggio di parlare di "dignità".

Per avere un'idea dell'avidità dell'organizzazione, si consideri che a fronte di costi di gestione così spietatamente contenuti (addetti insufficienti, inadeguati e totalmente impreparati, pagati 200.000 lire al mese; un'alimentazione carente in quantità e qualità; nessuna spesa per le strutture fatiscenti, talvolta senza riscaldamento), la presenza di 40 ospiti come p.es. nel centro di Castelmadama, rendeva oltre 70 milioni di lire al mese. Cifre comuni in Scientology: secondo un rapporto della HCO "I. Pa." (3), la sola Chiesa di Milano doveva incassare all'epoca "minimo 350.000.000 alla settimana" (appello, pag. 159).


Note:

1) In origine la denominazione del gruppo era Hubbard Dianetics Institute avente "natura idealistica" e lo scopo di "presentare e diffondere la scienza conosciuta come Dianetics". Nel 1985, e dopo i numerosi guai giudiziari, l'istituto cambiò denominazione in "Chiesa di Scientology".

2) Il centro di Osnago, aperto nel 1982, venne chiuso un anno dopo per problemi con le autorità.

3) Hubbard Communication Office, quindi componente del Comitato Esecutivo, massimo organo dirigenziale di un'Org di Scientology.