sabato 13 aprile 2013

Processo Arkeon: I testimoni della Tinelli cap. 2


La testimonianza di P. V. - parte 1


Nel capitolo precedente abbiamo analizzato le deposizioni di F. S e della moglie S. C., gli improbabili testimoni forniti da Lorita Tinelli al magistrato inquirente, che avrebbero dovuto dimostrare in tribunale l'accusa principale: Arkeon era una "psicosetta" che ricorreva alla manipolazione mentale.

Vediamo ora un altro testimone certificato CeSAP come plagiato e truffato da Arkeon: P. V. la cui testimonianza riassumo brevemente.

P. V. racconta di essere entrato in contatto con il movimento di Moccia verso la fine degli anni '90 su insistenza della moglie:
"Dai vieni, dai vieni". Dico: "Lascia fare, sono cose che non fanno per me, fai la brava". Io volevo giocare un altro anno a pallone, ho detto: "Facciamo un contratto, io vengo a questo seminario e gioco un altro anno a pallone"
Come dire: la colpa è sempre della moglie.

P. V. entrò nel gruppo di Moccia all'epoca in cui questa era un'associazione che praticava il Reiki, una disciplina orientale che P. V. considera:
una cosina anche molto carina, molto goliardica
In seguito, spiega P. V:, il movimento si trasforma. Prende il nome di Arkeon e al Reiki si aggiungono altre pratiche. Sono cambiamenti che P. V. considera sacrileghi:
i primi tempi di Arkeon tutto andava abbastanza bene, fino a che ad una riunione dei maestri Vito ­levò tutte le foto della discendenza, degli altri maestri, perché c'è un lignaggio [...] perché quando si facevano i seminari ogni maestro c'aveva le foto dei suoi maestri di appartenenza, il lignaggio, cioè una sorte di eredità, e levò tutti i maestri
Ma questo allontanamento dal lignaggio non fu l'unico motivo di rottura. Per P. V. il problema era Arkeon stessa, che considerava una pratica deleteria:
P. V.: Arkeon è stato un lavoro pesante sulla persona, un lavoro pesante sull'emozione. Io ho riportato a casa tanta gente che si è scompensata negli intensivi.
[...]
Domanda: Perché non erano in grado di tornare a casa da soli?
P. V.: No, assolutamente no, assolutamente no.
Un lavoro pesante per la gente comune e rovinoso per quanti, benché soffrissero di disturbi mentali, venivano - sostiene sempre P. V. - scriteriatamente accettati nei seminari:
P. V.: E pur dicendo a Vito: "Guarda che questa persona è borderline, guarda che questa persona non mi pare che ci sia tutta", agli intensivi queste...
Domanda: Lei ha detto che c'erano delle persone che era evidente che avessero dei problemi; problemi di che genere prima di tutto?
P. V.: Problemi psichiatrici gravi, problemi di doppia diagnosi.
Domanda: Quindi quando lei si rendeva conto di questo, che cosa diceva ai maestri presenti?
P. V.: "Ragazzi, ma questo non lo può fare il lavoro sulle sedie..." [...] C'è gente che io ho visto uscire che era fuori di testa.
(Avvertenza: i tre puntini non racchiusi da parentesi quadre, come in "agli intensivi queste...", sono conformi alle trascrizioni originali e indicano una frase lasciata in sospeso.)

A questo punto P. V. smise di riconoscersi in un'organizzazione che aveva abbandonato le pratiche originarie:
Domanda: Che relazione c'è tra la filosofia di Reiki e la nuova filosofia di Moccia?
P. V.: Da quella originaria zero.
E così, riferisce P. V. in un verbale di sommarie informazioni rese nel 2008, se ne andò:
Sono stato membro dell' associazione "The Sacred Path" dal 1997 al 2002, anno in cui presi il master. In quel periodo ero soltanto un allievo e comunque la qualifica di master era il trampolino di lancio per diventare maestro.
In buona sostanza, nell'associazione di Moccia P. V. rimase sempre "soltanto un allievo". È vero che poco prima di andarsene aveva conseguito il master, ma senza mai diventare un maestro effettivo, dato che quello "era il trampolino di lancio per diventare maestro".

Fin qui la versione di P. V., che è la prova vivente dell'adagio secondo cui la realtà supera la fantasia; talvolta fino a non essere più credibile. Quello che accade nella vita spesso somiglia a una forzatura, un'effrazione ai danni della logica e del buon senso, e in effetti, se capitasse di vedere in un film quello che P. V. arriva a testimoniare in tribunale, penseremmo che stanno esagerando.

Durante il controesame P. V. è costretto a ridimensionare la marginalità del suo ruolo in Arkeon: sì è vero, in effetti lui ricoprì l'incarico di "maestro", però non lo fece per un suo tornaconto ma per altruismo:
perché mi sembrava di rendere qualcosa, un servizio
Un compito che comunque ha esercitato brevemente, per "non di più" di cinque seminari [1], e per un numero davvero esiguo di allievi, "c'avevo sei ­sette allievi." Anche se poi, sempre in tribunale, deve aumentare la durata del suo incarico:
Domanda: Quanti anni lei ha fatto il maestro da solo?
P. V.: Anni è un po'... Un annetto e mezzo.
Secondo quanto verbalizzato da P. V. stesso nel 2008, anche questo "annetto e mezzo" non rende giustizia del suo altruistico contributo ad Arkeon: dichiarò di avere esercitato la maestria nel 2000, nel 2001 e nel 2002.

Come vedremo più avanti, anche questa versione non corrisponde al vero, ma ora l'importante è sapere che è falso che P. V. prese il Master nel 2002 per poi lasciare immediatamente il gruppo.

Comunque sì, ammette che in effetti era un "maestro", ma un maestro "semplice":
il maestro semplice era in buona sostanza un allievo. Pur essendo maestro era un allievo [2]
Inolte, si è sempre rifiutato di applicare sui suoi allievi il pesante e pericoloso metodo Arkeon:
Domanda: Lei come maestro che tipo di corsi teneva?
P. V.: No no, io facevo Reiki. Io non facevo Arkeon, niente di tutto questo.
Domanda: Anche dopo che era entrato in vigore Arkeon?
P. V.: No no, non mi è mai passato per l'anticamera del cervello di fare roba... no no, nella maniera più assoluta.
Domanda: Quindi sempre Reiki ha fatto?
P. V.: Reiki. Io facevo il Sabato pomeriggio i trattamenti, la Domenica mattina una condivisione blandissima, alle tre del pomeriggio arrivederci e grazie, ognuno a casa sua. Mai fatto un seminario di Arkeon.
L'assurdità di questa dichiarazione, fatta per sminuire il suo ruolo, è avvilente.

La condivisione è chiaramente un procedimento "sull'emozione", quel tipo di pratica che per accusare Arkeon P. V. definisce "un lavoro pesante sull'emozione". Quanto al fatto che era "blandissima", è una precisazione insensata: sarebbe come parlare di una "blanda amputazione". Infine, poiché in pochissimi partecipavano ai suoi corsi ("c'avevo sei ­sette allievi"), in pochi minuti la pratica sarebbe stata risolta, e non si capisce quindi cosa facessero per tutta "la Domenica mattina" fino "alle tre del pomeriggio".

Ma è l'essenza della storia ad essere incongruente. P. V. diviene "Maestro di Arkeon" nel 2000 e tiene i suoi seminari fino al 2004. Poiché la relazione che c'è tra la filosofia Reiki e la nuova filosofia di Moccia - lo ha dichiarato lui stesso - è "zero", non si comprende come un "Maestro di Arkeon" potesse tenere dei seminari basati su una dottrina che non c'entrava niente con la sua formazione. Liberissimo di ritenere Arkeon una pratica deleteria al punto che i partecipanti si "scompensavano" al punto che "non erano in grado di tornare a casa da soli", ma allora perché non dedicarsi al Reiki mentre invece continua a frequentare Arkeon e si fa prestare dei soldi per arrivare a diventare maestro e tenere per 4 anni i suoi seminari arkeoniani?

Sono incongruità che la motivazione della sentenza rileva con queste parole:
Il teste é apparso in sé già contraddittorio: pur mettendo in discussione le metodiche, [...] non è stato solo MAESTRO di Arkeon, ma si è attivamente interessato alla diffusione del metodo proprio in ambiti scientifici (presso la ASL). (pag. 559)
Secondo la motivazione della sentenza, la sostanziale non credibilità di P. V. trova un ulteriore:
riscontro nella deposizione di ***, il quale che ha raccontato di essere amico di P. V. e che questi aveva fatto seminari, dichiarando di essere fiero e felice di farli
[...]
Fatto sta che, apparentemente, i rapporti si sono rotti in malo modo tra P. V. e MOCCIA, non già per censure in ordine alla metodologia, ai contenuti delle pratiche ed all’esito delle stesse per i partecipanti, ma per questioni di tipo economico

Al di là del paradossale tentativo di apparire come un "seguace plagiato", vittima dell'organizzazione che ora criminalizza quando nella realtà il suo ruolo era esattamente lo stesso di Moccia e degli altri "maestri" sotto processo, l'aspetto su cui P. V. calca maggiormente nella sua deposizione è quello di descriversi come una persona mite, accomodante. Una persona tranquilla, interessata alle "cosine molto carine". Uno che parla con paterna dolcezza mentre è intento a curare i suoi fiori.

Quando riferisce che fu l'insistenza della moglie ("Dai vieni, dai vieni, dai vieni." ripete una seconda volta) ad avvicinarlo contro la sua volontà al Reiki, anziché spiegare alla corte che in realtà "non era interessato", o al limite ricordare la ruvida risposta che è propria di qualsiasi marito ("non me ne frega niente"), P. V. ci mostra invece con quanta pazienza e tenerezza si rivolse alla moglie, usando per di più il discorso diretto come fanno i bambini: "Dai vieni, dai vieni". Dico: Lascia fare, sono cose che non fanno per me, fai la brava".

Quando vede che agli intensivi partecipano (sostiene) persone con "Problemi psichiatrici gravi", persino degli sbarellati con doppia diagnosi, a Moccia non avrebbe rivolto il perentorio "ma che cazzo fai?!" che la gravità della situazione avrebbe richiesto, ma un premuroso "Guarda che questa persona è borderline, guarda che questa persona non mi pare che ci sia tutta" o con un indulgente "Ragazzi, ma questo non lo può fare il lavoro sulle sedie".

È una descrizione che poco si addice a uno "storico capo Ultras", quella cerchia di tifosi notoriamente composta da soggetti più propensi alla virile rissa che allo smidollato dialogo. Uno storico capo di una tifoseria spesso agli onori delle cronache e ritenuta tra le più violente.

Un ultras che su un sito web proclama con fervore che la tessera del Tifoso non la farà "assolutamente". Il rifiuto non dipende da un nobile principio morale, ma piuttosto da una necessità contingente: contenendo un chip "uno è sempre identificabile".

Un ultras che al presidente della sua squadra, poco propenso a sborsare le ingenti somme necessarie per l'acquisto di campioni, esprime la sua affettuosa comprensione con un incalzare di "Bastaaaa!", "va a cagare", "vaffanculo!" [3].

Al pari della descrizione che dà di sé stesso, anche tutto il resto della sua testimonianza non ha attinenza con la realtà. Come di prassi, ne vediamo i motivi.

Iniziamo dalla sua comparsata più recente, una puntata di TG2 Dossier del dicembre 2012 (che propugna le preoccupanti posizioni estremistiche di don Bonaiuto), dove P. V. spiega che Arkeon separava gli adepti dalle famiglie per poterli plagiare. L'isolamento:
serve a staccarli dalle famiglie, perché la famiglia poi esercita un movimento critico. Dice: "Ma che fai? Perché spendi i soldi? Ma questo ti sta manipolando. Questo ti sta truffando." Nel momento in cui lui ti divide dalla famiglia, è chiaro che sei in suo possesso.


L'accusa di "isolare gli adepti" è uno dei capisaldi della propaganda anti-sette radicale. Non poteva mancare quindi anche nel (pessimo) "studio attento e puntuale" su Arkeon, che nel 2005 la dr.ssa Lorita Tinelli consegnò a varie procure, di cui abbiamo già visto altre affermazioni non vere (qui e qui). Ecco cosa scrive la Tinelli:
quasi nessuno dei frequentatori dei seminari del Sentiero Sacro [Arkeon - ndr] resta indenne dai nuovi significati e dalle nuove filosofie che gli vengono proposte tanto che nella maggior parte dei casi decidono di tagliare i ponti con la vita precedente e con le persone che ne hanno fatto parte.
È ovvio che anche Gabriella Monaco, la seguace più devota della Tinelli, ripeta la lezioncina appresa dalla sua mentore. Nella testimonianza scritta nell'ottobre 2004 su richiesta della Tinelli e da questa consegnata alla Digos, si legge che Arkeon agisce:
portando avanti questa articolata manovra di separazione dagli affetti che ha come unico fine quello di creare un unico sentimento di devozione filiare nei loro confronti.
Ascoltate queste tre testimonianze, vediamo ora cos'è emerso dal dibattimento in tribunale in merito a questa spregevole pratica. Iniziamo da C. C., una testimone dell'accusa gravitante nell'orbita del CeSAP, l'hard discount dell'allarmismo anti-sette radicale, indicata agli inquirenti come persona informata dei fatti dalla stessa Gabriella Monaco:
Domanda: Lei ci ha detto che usciva la sera a mangiare la pizza anche con le persone che frequentavano i seminari.
C. C.: Sì.
Domanda: La mia domanda è: ha mantenuto i rapporti con i suoi vecchi amici?
C. C.: Sì, certo, ce li ho tuttora, parenti, amici, tutto come prima.
Domanda: Ha mantenuto rapporti anche con la sua famiglia?
C. C.: Con la mia famiglia benissimo, sì, sì, tutto... non ho mai toccato queste cose.
Domanda: Qualcuno le ha mai fatto capire o chiesto che se frequentava i seminari doveva interrompere le sue vecchie frequentazioni?
C. C.: Assolutamente no! No, no. Anzi, di parlare con mia mamma, di parlare con il mio papà, di dirgli ti voglio bene che non si dice mai.
È falso quanto denunciato dall'esperta di sette Lorita Tinelli nel suo "studio attento e puntuale".
È falso quanto denunciato dalla portavoce del Comitato Vittime delle Psico-sette Gabriella Monaco.
È falso quanto denunciato dal nobile P. V., che su una pagina web inizia una sua predica calcistica snocciolando in rapida successione la triade "onestà", "verità", "onore". Non solo è falso, ma la realtà è esattamente l'opposto: i partecipanti venivano esortati a rafforzare i legami famigliari. È un fatto comprovato da una testimone dell'accusa, ma non è la sola:
M. S.
Domanda: Le è stato chiesto di interrompere i rapporti con la sua famiglia, con i suoi amici?
M. S.: No, assolutamente no. Anzi, frequentava anche mia moglie per un certo periodo;

E. P.
Domanda: Ecco, la conseguenza di questi incontri con il Signor Vito Carlo Moccia. C'è stato per caso quello di interrompere delle relazioni familiari o con degli amici?
E. P.: No, no. Anzi, io con i miei fratelli sto benissimo...
Giudice: La domanda era riferita al momento in cui frequentava questi corsi, no?
Avvocato: No, veramente era se l'ipotetica conseguenza di questi incontri con Vito Carlo Moccia, sia stata per caso un allontanamento dagli amici, dai familiari. In soldoni, il Signor Vito Carlo Moccia l'ha indotta ad allontanarsi da amici?
E. P.: No no.
Domanda: Dai familiari?
E. P.: No, ecco, questo assolutamente no.
Un altro argomento cardine degli anti-sette, è che gli adepti verrebbero plagiati al fine di spogliarli dei loro averi. Come spiega la Tinelli in una intervista, lo scopo dei "guru" è "mettere le mani sul conto in banca dei seguaci e costringerli a piegarsi", un risultato che si ottiene "minacciandoli, picchiandoli e violentandoli". L'autrice dello "studio attento e puntuale" su Arkeon, non poteva quindi che concludere la sua (inqualificabile) relazione "smascherando" il vero scopo dell'associazione:
Dalle testimonianze raccolte, molte delle quali non allegate per volere delle persone stesse coinvolte, il danno prevalente è quello economico. [4]
Quello di essere derubato dei propri averi, è quindi un destino a cui lo sventurato P. V. non poteva sottrarsi. Interrogato come persona informata dei fatti, nel 2008 conferma di essere stato pure lui salassato:
con Arkeon ho speso la somma di circa 50,000 o forse di più.
Una somma ragguardevole, che in tribunale nell'udienza del settembre 2011 lievita come un panettone:
a me Arkeon è costato qualcosa come 100.000 Euro, arrotondate per difetto, ed io faccio l'impiegato statale.
Non è dato sapere se nel 2014, dopo altri 3 anni, la somma raddoppierà ulteriormente, ma se adesso pensate che P. V. sia attendibile quanto un consigliere della Regione Lazio, aspettate a dare dei giudizi, perché come vedremo nel prossimo post la situazione è peggiore di quanto queste risposte ci prospettano.




Note:

1) Domanda: Avrà fatto cinque seminari? P. V.: Non di più.

2) Probabilmente è superfluo precisare che quella tra maestro semplice e maestro effettivo è una distinzione inesistente.

3) Questi alcuni commenti di altri tifosi in merito allo "storico capo Ultras":
"di V. cosa dire...è stato lo specchio della violenza in curva per tanti anni …"

"E la gente che dice che P. V. sia un violento …"

"Chiedete un pò a V. come si comportava sui campi di calcio 20 o 30 anni fa e vediamo cosa ha il coraggio di rispondere. Lui sicuramente non era dalla parte delle persone perbene ed ora fa il moralista."

"che toni questo V., anche un po' maleducato"

"Caro V. sono persone che fanno parte del Tuo Gruppo che si sono infiltrati in Tribuna per andare a menare le mani"

"Beh, per me V. è violento. Di sicuro non prende le distanze dalla violenza, penso alle sue frasi nei confronti dei giocatori da inseguire sul viale fanti e prendere a pedate."
4) Che "molte" testimonianze non siano state allegate "per volere delle persone stesse coinvolte" non è proprio credibile. Risulta difficile immaginare la Tinelli che per correttezza rinuncia all'utilizzo di testimonianze se usarle le torna utile. Si veda, per esempio, il resoconto che proprio P. V. inviò alla Tinelli quando i media iniziarono ad occuparsi di Arkeon. P. V. inizia la sua testimonianza chiedendo - nella prima riga - di restare anonimo. Dimostrando il suo rispetto per le "persone stesse coinvolte", la Tinelli inserisce l'e-mail nel suo dossier (testimonianza n° 24) che 39 giorni dopo invia alla Procura di Bari, il che ha poi costretto P. V. a testimoniare in tribunale. Ancora più grave è quanto pubblicamente raccontato dalla dr.ssa S. Radoani, della Tinelli un tempo molto amica. La presidente del CeSAP l'avrebbe querelata per abuso della professione di psicologo ai danni di due fuoriusciti da una setta. Per le due presunte vittime della Radoani, l'adesione al gruppo era motivo di grave imbarazzo e l'avevano sempre tenuta nascosta. Poiché la Tinelli è la presidente di una "associazione SERIA" che "tiene alla tutela delle vittime di abusi psicologici", pensò bene di sfruttarli per la sua ritorsione contro la sua ex amica, citandoli come testimoni e obbligandoli così a comparire in tribunale, cosa che rese la vicenda di dominio pubblico e i due coniugi dovettero trasferirsi dal piccolo paese dove risiedevano. Questo bel regalo fatto a due vittime delle sette da chi assistite con tanta "serietà e concretezza" le "vittime di abusi" fu però del tutto inutile, perché la denuncia si rivelò (come tutte le altre intentate dalla Tinelli contro la Radoani) infondata. Anche i due coniugi smentirono le accuse della Tinelli. A tale proposito, appare particolarmente ironico quanto scrisse la seria e corretta dr.ssa Lorita Tinelli in chiusura di un suo intervento sulla mailing-list del CeSAP il 22/1/2007: "Invito tutti alla massima attenzione prima di confidare in qualcuno che si propone come risolutore dei nostri problemi."