martedì 23 aprile 2013

Processo Arkeon: I testimoni della Tinelli cap. 3


La testimonianza di P. V. - parte 2

(Vai alla prima parte)

Alla fine del post precedente, abbiamo visto che P. V. (testimone d'accusa indicato al PM da Lorita Tinelli, presidente CeSAP) nel 2008 ha dichiarato alla Digos che in Arkeon ha speso "la somma di circa 50,000 o forse di più", e successivamente, durante la sua deposizione in tribunale:
a me Arkeon è costato qualcosa come 100.000 Euro, arrotondate per difetto, ed io faccio l'impiegato statale.
Non essendo ricorso alla svendita di un immobile, non si capisce come possa aver fatto fronte a una somma che per un "impiegato statale" è così ingente. Lui stesso ha riferito che guadagnava "Mille e tre. Io ero collaboratore, non ero ancora dipendente."

In realtà - lo si sarà già capito - ad Arkeon non ha versato 50 mila, né tanto meno 100 mila Euro ("arrotondate per difetto"), ma un importo complessivo di 20 mila euro (precisamente 19.930) ripartiti in 6 anni. (Di cui circa la metà per diventare "Maestro", una scelta - lo vedremo in un prossimo post - personale, senza alcuna pressione da parte del gruppo.)

Prima di approfondire l'aspetto economico, che è fondamentale, è opportuno fare un riepilogo di quanto fin qui visto.

Nelle sue dichiarazioni agli inquirenti, P. V. afferma che:
  • in Arkeon è sempre stato "soltanto un allievo"; 
  • nel 2002 abbandona il movimento subito dopo aver conseguito il "master"; 
  • e "comunque la qualifica di master era il trampolino di lancio per diventare maestro".
Ora sappiamo che è tutto falso, e in aggiunta a quanto già visto nella prima parte, va rilevato che:
  • il "master" - come lascia intendere il termine stesso - non è un trampolino, ossia un prerequisito, ma consente di diventare "Maestro" a tutti gli effetti; 
  • P. V. non se n'è andato nel 2002 [1] ma ha esercitato la maestria fino al 2004; 
  • l'allontanamento dal gruppo non è stata una sua scelta, ma dovuta a un'espulsione [2].
(La parte finale della lettera di espulsione del 18/10/2004)

Fatta questa premessa, veniamo alla questione economica. Per anni P. V. è stato pagato dagli allievi, e il ricavato restava interamente a lui, dato che il "guru" formava i "Maestri", ma questi non dovevano corrispondergli alcunché del loro ricavato [3]. Se vogliamo quindi esaminare quanto a lui "Arkeon è costato", oltre a quei 20 mila euro spesi va tenuto in conto anche quanto ha incassato con i seminari.
Inoltre, la conduzione dei seminari non era l'unico vantaggio economico ottenuto da Arkeon.

In un post precedente abbiamo visto che quando un allievo si trova in difficoltà finanziarie, V. C. Moccia - che la Tinelli descrive come un caposetta intento a depredare gli adepti - non riesce a stare fermo e, ovviamente, interviene anche nel caso di P. V.: tramite una sua allieva, riesce a farlo assumere da una agenzia del Ministero del Lavoro.

L’assunzione comportò il trasferimento a Roma [4] e la necessità di trovare un alloggio, quindi: nuovo interessamento di Moccia ed ecco che un altro partecipante ai seminari di Arkeon mette a disposizione di P. V. un appartamento nella capitale, dove successivamente viene raggiunto da moglie e figli.

Ma anche dopo aver ottenuto un impiego statale da 1.300 Euro, il serafico "capo storico ultras" continua ad avere problemi finanziari, per cui è ovvio che il "truffatore" Moccia non sta fermo neanche questa volta e così, in aggiunta ai debiti pregressi che P. V. aveva con Arkeon, Moccia gli pagò anche una fattura di quasi 3.000 Euro. E ora, il sacerdote dell'onestà e della verità si presenta in tribunale per dichiarare che Moccia lo ha depredato di 100 mila Euro ("arrotondate per difetto").

Ma come le disgrazie, anche le menzogne non vengono mai sole:
Domanda: Quindi lei questo materiale non l'ha pagato?
P. V.: Come se l'ho pagato. L'ho pagato e come! Come l'hanno pagato tutti gli altri maestri, lì successe un po' di confusione.
Il riferimento è a un'ordinazione di brochure, locandine, volantini ecc., che P. V. acquistò per i suoi seminari. L'integerrimo P. V. definisce "un po' di confusione" ciò che noi poveri di spirito solitamente chiamiamo insoluto. Ecco il sollecito di pagamento, la cui data è di 4 mesi posteriore alla sua espulsione [5]:


Ricordo che il senso degli ultimi post è mostrare su quali testimonianze e quali testimoni, la presidente del CeSAP ed esperta di sette dr.ssa Lorita Tinelli ha condotto una campagna di demonizzazione di Arkeon, sostenendo che il gruppo era una temibile psicosetta. In tribunale il nostro eroe ammonisce: "non mi ritengo un cretino". Si tranquillizzi, è un rimprovero che non verrebbe in mente a nessuno, sarebbe come biasimare Attila per avere parcheggiato il cavallo in doppia fila, dopo aver sterminato mezza Europa.

Proseguiamo a sfogliare l'albo delle prodezze di P. V.:
Domanda: Lei ha partecipato anche alla formazione di Tribe?
P. V.: No, no. Mi fu chiesto di portare il lavoro di Arkeon all'interno delle comunità terapeutiche, gli dissi: "Vito, non ci pensare nemmeno, perché non è proprio il caso" [...] "Sta fermo, lascia fare, non se ne parla nemmeno, Vito"
Questa è certamente la sua risposta più spudorata.

Siamo nel periodo precedente al trasferimento a Roma, quando ancora P. V. lavorava come operatore in un comunità di recupero per tossicodipendenti (dopo esserci stato in qualità di residente). Stando alla sua versione, Moccia pensò di sfruttare questa sua conoscenza dell'ambiente per chiedergli di studiare la creazione di una comunità terapeutica, ispirata alle tecniche di Arkeon.

Come abbiamo visto nel post precedente, P. V. sostiene di avere sempre considerato il "metodo Arkeon" un pericolo per le persone comuni e un disastro per quelle non bene equilibrate. Per cui la sua risposta non poteva che essere un rifiuto irremovibile: "gli dissi: "Non esiste proprio, questo lavoro non passa". Una risolutezza dettata dal fatto che era una iniziativa addirittura da galera:
P. V.: Poi, spinto dalla moglie, "E dai, guadagniamo, facciamo", per rientrare nei soldi che... ho fatto vedere questo lavoro a questo industriale di Milano e mi disse: "Non andare in giro con questa roba perché ti arrestano"
La versione di Moccia è l'esatto contrario. Sarebbe stato proprio P. V. a proporgli di usare il metodo Arkeon per il recupero dei tossicodipendenti:
P. mi parlò della sua situazione personale, chiedendomi aiuto per realizzare il sogno che aveva: mettere in piedi una sua struttura per le tossicodipendenze, basata su forme di intervento che avessero come base una modalità di lavoro diversa da quella applicata dai suoi capi [6]
Chi starà dicendo la verità e chi mentendo? Non è una domanda retorica. Benché P. V. sia credibile quanto un ministro inquisito che parla di complotti, c'è chi a questa domanda risponderebbe con convinzione che a mentire è sicuramente Moccia. Per Maurizio Alessandrini della FAVIS e per Lorita Tinelli del CeSAP - che nel 2006 si occupava già da 12 anni di Arkeon e quindi doveva conoscerla bene - le dichiarazioni di P. V. sono incontestabili perché lui è: l'innocente vittima di un malvagio guru, capace di qualsiasi abiezione pur di truffare la gente; mentre Moccia è: il malvagio guru, capace di qualsiasi abiezione ecc., ed è evidente che dichiari il falso per evitare il giusto castigo della legge.

Bene, torniamo alla deposizione in tribunale di P. V. Dopo aver ricordato il suo netto rifiuto alla proposta di Moccia, in aula si assiste a un colpo di scena:
Avvocato: Posso mostrare al teste un documento? Si tratta di un progetto per portare il metodo Arkeon all'interno delle comunità terapeutiche, che ci risulta firmato dal Signor P. V. ed inviato dall'accoglienza A.S.L. di Prato [dove P. V. lavorava - ndr] al Signor Vito Carlo Moccia.
Giudice: Ma ha detto che rifiutò...
Lo stupore è generale; il giudice addirittura incredulo.

Il documento citato dall’avvocato è un fax scritto, firmato e inviato da P. V. a Moccia nell'aprile del 2001, che inizia così:
Riflessioni per Vito

Essere liberi da qualsiasi dipendenza, lo insegni, significa cambiare ciò che [...] Lo scopo della rivoluzione nelle comunità consiste nel dare ai ragazzi delle regole di vita, uno stile, un equilibrio fra i sentimenti, le paure, i giudizi, le ansie, le gioie,( il dentro), e le relazioni affettive, sociali, lavorative, (il fuori), facendoli uscire veramente da una dipendenza e non come si dice adesso " limitare i danni". Credimi è un grande cambiamento!!!!

E' un progetto così come mi è venuto, da aggiustare, rivedere, limare, ma ci credo molto. Vedremo!

Ti voglio bene
firmato P. V.

Questa appassionata apologia è la presentazione del:
Progetto per la creazione di una Comunità terapeutica residenziale, con Centro Diagnosi, Accoglienza, Comunità residenziale e Reinserimento sociale.
Si tratta di un elaborato di 5 pagine concepito da P. V. per un:
progetto educativo/terapeutico residenziale per persone con disagi psico-sociali correlate all'uso di sostanze. ... attraverso un sentiero di consapevolezza, riscoperta dei valori, energie positive.

Occorrono proprietà caratteriali e morali non comuni per arrivare a sostenere sotto giuramento di essere fermamente contrari a "portare il lavoro di Arkeon all'interno delle comunità terapeutiche". Addirittura che il semplice "andare in giro con questa roba" comportava il rischio dell'arresto.

Volendo a tutti i costi pensare bene della gente, si potrebbe ipotizzare che P. V. manifestò questo entusiasmo all'inizio della sua frequentazione, quando ancora non aveva una conoscenza adeguata del metodo Arkeon, e abbia poi cambiato idea quando ha constatato gli effetti della dottrina arkeoniana. Ma questa "ipotesi benevola" (da contrapporre alla tinellesca "ipotesi preoccupata") si scontra col fatto che già da anni P. V. praticava Arkeon, ed è irrimediabilmente smentita da un secondo documento. Si tratta ancora di un fax, inviato da P. V. a Moccia questa volta nel 2003 (quando secondo la sua testimonianza aveva già lasciato il gruppo da un anno). È un suo nuovo progetto, complementare alla comunità di recupero, per ampliare l'area di intervento del "metodo Arkeon", a tre distinte situazioni di disagio psico-sociali:
Per Vito


1)      "Adolescenza a rischio"

Progetto formativo per educatori che operano con adolescenti in situazioni di drop-out scolastico, a rischio di devianza e di marginalità [...]
2)      "Oltre le mura"

Schema: Servizio di formazione ed accompagnamento psicologico, di reinserimento sociale e lavorativo di tossicodipendenti e detenuti [...]

Obiettivi: Intervento diretto e di formazione di educatori, agenti di polizia penitenziaria, assistenza sociale [...]
3)      "Figli"

Schema: Formazione di figure che possano prendere in carico e dare risposte operative ad utenti in disagio in sinergia con le risorse esistenti sul territorio [...]

Obiettivi: Fornire risposte alle problematiche dei figli di tossicodipendenti ed alla carenza di strutture [...]

Le tre pagine del progetto si concludono con una professione di attaccamento al progetto che, alla luce della deposizione in tribunale di P. V., rende bene l'idea del tipo di persona con cui aveva a che fare il fondatore di Arkeon:
Sono solo delle bozze che avevo da tempo nella testa e nei miei cassetti. Vanno elaborate, approfondite e viste dal Prof., ma non è una cosa troppo difficile per noi. La cosa che ho sempre in mente è quella di creare dei moduli formativi per Operatori di strada, che possano operare nei luoghi di aggregazione giovanile, attraverso un lavoro di prevenzione on the road.
Ci lavoro e vi faccio uno schema che per adesso è solo in embrione. Esiste una sperimentazione in Toscana ma ancora, a mio giudizio, và elaborata molto meglio.


Ti voglio bene.

Io ci sono.
"Io ci sono", conclude P. V. che su un forum si firmava "honesty" e scriveva che "honesty is the key". Vediamo invece come conclude la corte, che a proposito di Mr. Honesty scrive:
aveva dichiarato che a lui era stato chiesto di portare Arkeon nelle comunità terapeutiche, ma è emerso che era stato lui a mandare una richiesta in questo senso a MOCCIA ed a proporre la metodologia Arkeon alla ASL (Motivazione sentenza, pag. 558)
Ci sarebbero altre affermazioni altrettanto spericolate da illustrare [7], ma le tralascio perché abbiamo già capito con chi abbiamo a che fare e abbiamo tutti voglia di uscirne vivi. Va però segnalata una affermazione di P. V., in chiusura di deposizione, che è riuscita a sorprendermi anche dopo la mia conoscenza di tutto quanto fin qui illustrato.

Siamo al termine della sua deposizione, il controesame aveva fatto emergere la sua imbarazzante posizione, e una malcelata insofferenza porta lo storico ultras P. V. a dare una risposta impertinente perfino in un'aula di tribunale. Quando si scopre che è stato "residente all'interno di comunità terapeutiche", all'avvocato che gliene chiede il motivo risponde:
Beh, mi verrebbe da dire: perché non sapevo dove andare la Domenica
Tutto quanto visto in precedenza, sommato all'importuna strafottenza di questa risposta, mi riporta alla memoria una considerazione dello scrittore a autore Marco Presta, che nel suo ultimo libro [8] si domanda: perché uno stronzo è uno stronzo? Infinite volte i filosofi si sono chiesti cosa spinga l'essere umano a uccidere i propri fratelli o a tradirli, interrogativi tutto sommato irrilevanti a paragone di questo. Secondo M. Presta gli autentici stronzi non sono moltissimi e non vanno confusi con i collerici o con i nervosi. Tutti riusciamo a essere detestabili, ma non vuole dire nulla. È possibile - conclude l'autore - riconoscere i veri appartenenti alla categoria dal fatto che non hanno mai dubbi né orrore di loro stessi, sanno conservare il rancore in eterno, sfruttano finché possono una situazione di vantaggio. Sono violenti e se ti vedono a terra continuano a colpire. Il vero stronzo non può essere redento. Non credo che P. V. non abbia mai dubbi, quindi non penso appartenga alla categoria.

Siamo alla fine del post, e per la conclusione lascio la parola all'irreprensibile P. V. il quale, con un atto di fede nei "valori dell'onestà", suggella questo viaggio alla scoperta di chi anela a "dare ai ragazzi delle regole di vita", con una predica che lo descrive compiutamente:
In questa storia mi sento parte lesa per due semplici motivi, pertanto mi riservo di nominare un legale di fiducia:
1) non tollero che sia successo il trambusto in argomento, in quanto personalmente credo nei valori dell'onestà;
2) credo che il maestro Vito MOCCIA abbia dato ai master la possibilità di agire sulla mala fede e sulla sofferenza delle persone che si rivolgevano ai membri dell'associazione per essere aiutate (Verbale di S.I.T. rese al Commissariato di Albano Laziale il 18/4/2008)

Note:

1) Mentre l'importo da lui versato ha la curiosa tendenza a crescere, la sua permanenza in Arkeon al contrario si contrae di volta in volta che ne parla. In tribunale nel 2011 dichiara di essere stato membro fino "al 2002". Tre anni prima, alla Questura di Roma aveva messo a verbale: "Ricordo che ad Ostuni alla fine del 2003 inizi del 2004..."

2) Questa la sua deposizione in tribunale:
Domanda: Lei per quale motivo ha lasciato l'associazione?
P. V.: Perché c'erano delle cose che non mi tornavano. L'ho detto prima, la gestione degli ultimi seminari di Arkeon, questa ricerca del business tra allievi... Era nato con un altro spirito.
Domanda: Non le risulta di essere stato espulso dall'associazione per morosità?
P. V.: Anche lì è una storia... assolutamente no.
3) Questa la sua deposizione in tribunale:
Domanda: Doveva corrispondere parte di questi introiti al Moccia?
P. V.: Assolutamente no.
Domanda: Quanto costava agli allievi la partecipazione ai suoi corsi?
P. V.: Centoventi Euro.
4) Non risulta però che P. V. accusi Moccia di averlo costretto a trasferirsi come hanno fatto i due coniugi visti nel post precedente; di questo gli va dato atto.

5) In un fax al PM Bretone del 29-11-2006, Lorita Tinelli ricostruisce da par suo il distacco di P. V. dal gruppo: "Ha riferito di essere fuori dal Sentiero Sacro [Arkeon - ndr] perché non aveva più soldi per poter farne parte e Moccia l'ha temporaneamente allontanato, sollecitandolo a recuperare altro denaro prima di riscriversi."

6) Si riferisce ai responsabili del Sert di Firenze dove P. V. lavorava, con i quali, sempre secondo la testimonianza di Moccia, era: "in aperto conflitto"

7) Se scrivo di generiche "altre affermazioni" senza mostrare a cosa mi riferisco, non si pensi che stia usando un espediente retorico, millantando di conoscere ulteriori dichiarazioni mendaci che in realtà non esistono. Su richiesta del sig. P. V., potremo prendere in esame p.e. la frase "Aspettavo che Pietro Bono mi confermasse un appuntamento [con la dr.ssa Di Marzio - ndr] cosa che non è mai avvenuta" (verbale di SIT, Commissariato di P. S. di Albano Laziale, 5 aprile 2008). Una frase apparentemente innocua, ma molto interessante se si conoscono i retroscena. Oppure l'affermazione "Sì, io personalmente ho visto buttare via farmaci contro l'HIV" (Tribunale di Bari, udienza del 28 settembre 2011). O quando alla domanda "Significava abbandonare la cura?", P. V. rispose: "Significava assolutamente abbandonare la cura" (ibidem). Tutte risposte inconciliabili con l'obbligo di un testimone di riferire la verità come da art. 497 C. P. P.

8) M. Presta, Il piantagrane, Einaudi, 2012.